sabato 22 febbraio 2014

E io a te dico

Dal Vangelo secondo Matteo
 
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell'uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
 
Solo giovedì scorso avevamo letto la versione di Marco di questo episodio. Il vangelo di Marco, forse anteriore a quello di Matteo, per sua natura si limita a descrivere l'essenza degli eventi, mentre in Matteo troviamo spesso una costruzione più complessa, ci sono rimandi all'A.T. e spesso la narrazione viene ricomposta in una sequenza ordinata e didattica. Il parallelo dei due testi ci fa subito cogliere come in Matteo ci sono i "complimenti" a Pietro, l'unico in grado di comprendere la domanda di Gesù. O meglio, l'unico che si fa strumento di una rivelazione che viene dall'alto. Nel testo di Matteo c'è questa "dichiarazione d'amore" di Cristo al suo apostolo, il primato del discepolo, di colui che accoglie un messaggio infinito. E' l'amore che riversa in ogni uomo che lo segue, che fa parte della sua grande famiglia, di cui lo stesso Dio si fa bisognoso, come Ogni Sole ha bisogno di ogni raggio. E con le parole di Chiara, potremmo quasi dire che (FF 2886) E, per avvalermi delle parole medesime dell’apostolo, ti stimo collaboratrice di Dio stesso e sostegno delle membra deboli e vacillanti del suo ineffabile Corpo.

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